Per saperne di più, Attacco del giorno 3 giugno 1849 sotto il Casino dei Quattro Venti e morte del Colonnello Masina

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Nella notte tra il 2 e il 3 giugno i francesi con un colpo di mano si impadroniscono di Villa Pamphili, di villa Corsini e di Villa Valentini. I difensori sono colti totalmente di sorpresa, dato che si è in periodo di tregua d’armi. Garibaldi e la sua legione, da poco rientrati a Roma dopo la campagna contro i borbonici, sono alloggiati in centro. Al tuonare del cannone accorrono alle mura per tentare di riprendere le posizioni perdute.
Guerrazzi così racconta:

“Prima del giorno il chirurgo Ripari stava medicando le ferite al buon Garibaldi (..) quando il cannone si fece sentire, ond’ei rimase sospeso con le fasce in mano: ecco allo improvviso salta in mezzo della stanza il prò Daverio esclamando: < su per Dio! > senonché visto lo stato del Generale soggiunse: < dunque finisci di medicarti e tu fa presto e vieni via; intanto io vado> < Va pure, rispose il Garibaldi, ma qui vi è la bandiera, e bisogna provvedere a cui darla, e per cui mandarla; da una parte e dall’altra per questa operazione ci vogliono ufficiali> < La è presto fatta, mandala per Ripari al Masina> E il Ripari come gli ordinarono fece, ed avendo trovato il Masina a dormire lo tirò per un piede gridando: < come! Si sparano cannonate contro ai Francesi e tu dormi? – Mò! Esclamava il Masina, io non sentiva niente > e calzati gli stivali scappò via con le altre vesti in mano abbigliandosi in fretta e in furia per le scale, e per la strada intanto che correva.”
Guerrazzi, Lo assedio.., cit. p.771 - 772


“A forza umana non era dato resistere allo impeto col quale si avventarono i legionari del Garibaldi; urtati a furia di baionetta i Francesi ebbero a rovesciarsi dandosi a fuga precipitosa verso la villa; ma il riparo di questa né anco giovava ché fin là dentro gl’inseguivano, e ammazzavano; né già le sole fanterie ma sì anco la stessa cavalleria, capitanata da Angiolo Masina, la quale salita a sua posta al primo piano si dette a imperversare per camere, e sale, e quanti Francesi incontrava tanti metteva a fil di spada(..); vi rimase ferito, non morto il Masina, che andato a medicarsi tornò più tardi a pigliare parte ai nuovi assalti, imperciocché in cotesta giornata non meno di otto volte fossero presi e perduti i posti messi dinanzi, quasi a premio della battaglia: nel terzo o nel quarto degli sforzi per snidiare i Francesi dal Casino dei Quattro Venti il buon Masina, mentre cavalcando forte arriva circa a mezzo il viale della Villa Corsini con la voce e col gesto animando la gente a prove di valore estremo, ecco una palla lo colpisce in mezzo al cuore, rasente non so quale croce riportata da lui nelle guerre di Spagna; egli precipitava giù da cavallo boccone, a braccia aperte senza né un grido né un gemito”
Guerrazzi, Lo assedio.., cit. p.775 – 776


“Angiolo Masina fu da Bologna, e con la sua morte la Italia perdeva una delle sue prime glorie; di aspetto giocondo, d’inclita stirpe, provvisto di largo censo, di mente arguta, e comecché di cuore tenerissimo, feroce in guerra per modo da comparire piuttosto temerario, che animoso soldato, intero così nella virtù come nei vizi; propenso alla buona cena, ma se non si poteva avere altro che pane secco, egli con questo lietissimo cenava: amava molto, non già un oggetto unico, bensì il suo amore diffondevasi sopra la universa parte femminea del genere umano. Il drappello dei cavalieri, che comandava egli, vestì e incavallò a proprie spese, ed erano tutti giovani di persona aitanti, di una terra stessa, e battaglieri al pari del loro capitano”
Guerrazzi, Lo assedio.., cit. p. 776