Intervento Natalini su Amilcare Cipriani 2 Luglio 2009

ASSEMBLEA aperta al pubblico “DIECI ANNI DI IMPEGNO”
2 luglio 2009

AMILCARE CIPRIANI UN GARIBALDINO DIMENTICATO
intervento di Guglielmo Natalini

Amilcare Cipriani è stato un protagonista del nostro del nostro Risorgimento che nella seconda metà dell’800 e nel primo decennio del’900, attinse a vette di vasta popolarità oggi del tutto inimmaginabili dopo le nebbie dell’’ingiusto oblio calate nel secolo successivo.

Questa dimenticanza resta difficile da spiegare, anche considerando il sempre più diffuso disinteresse degli italiani per la storia in generale e per quella risorgimentale in particolare, dove pure affondano le radici del nostro presente.

Certamente non è facile classificare la sua complessa personalità e il suo variegato protagonismo mediante sintetiche definizioni storiografiche.

Il giovane Cipriani fu pervaso da acceso patriottismo nazionale che lo spinse, nel 1859, ad arruolarsi a sedici anni nelle file dell’esercito piemontese per combattere nella seconda guerra d’Indipendenza.

Quando arriva la notizia di Garibaldi salpato da Quarto per la conquista del Regno del Sud alla testa delle Mille leggendarie Camicie Rosse, Cipriani diserta e sotto il comando di Giacomo Medici che guida la seconda ondata, sbarca Palermo appena liberata da Garibaldi.

Con la Camicia Rossa partecipa a tutta la campagna conclusa con la decisiva battaglia del Volturno dopo che Napoli aveva entusiasticamente accolto il Generale Dittatore, che di lì a poco avrebbe consegnato a Vittorio Emanuele II il Regno Borbonico appena conquistato.

Con Garibaldi Cipriani tornerà per combattere nella terza guerra d’indipendenza e molti anni dopo accorrerà in Grecia sulla scia di Ricciotti Garibaldi, per partecipare alla guerra contro la Turchia per la liberazione di Creta e della Macedonia.

Per rievocare compiutamente la figura di Amilcare Cipriani è stata necessaria una lunga e sofferta ricerca storica, da cui emergono alcuni aspetti fondamentali della sua azione di combattente e di rivoluzionario, non disgiunti sia da un notevole spirito d’avventura sia da un’intesa attività giornalistica.

Una sintetica narrazione della sua vita appare necessaria quanto difficoltosa, tante e multiformi sono state le vicende che lo hanno visto protagonista di prima fila.

Cipriani nasce a Porto d’Anzio il 1° luglio 1843 e 1’accertamento della data e del luogo di nascita è il risultato della consultazione dei Registri Battesimali della Parrocchia Santissimi Antonio e Pio che è valsa a porre fine ad incertezze di testi storici indicanti Rimini come città natale.

Si ignora quando con la sua famiglia si trasferisca da Porto d’Anzio a Rimini da dove, nel 1859, fuggendo da casa corre a piedi ad Asti, per arruolarsi nel IV Reggimento di Fanteria piemontese.

Il battesimo del fuoco avviene a San Martino dove il minorenne Cipriani si guadagna sul campo i galloni di caporale.

Conclusa la sfortunata campagna militare con l’armistizio imposto dall’Austria e mentre il Reggimento è a riposo a Tortona, si diffonde la notizia dell’accorrere di volontari in Liguria per rispondere al nuovo appello di Garibaldi.

Cipriani incurante dei rischi per la diserzione, si precipita a Genova dove con sua grande delusione apprende che Garibaldi è salpato il giorno prima da Quarto per la Sicilia.

E’ l’inizio della leggendaria impresa dei Mille e lui non riuscirà mai a dimenticare di avere mancato, per un soffio, questo immortale appuntamento con la nostra storia.

Con la seconda spedizione di rinforzo guidata da Giacomo Medici, sbarca a Palermo. Da quel giorno partecipa a tutta la campagna garibaldina fino alla conquista di Napoli e all’ultima vittoriosa battaglia del Volturno, conquistandosi i galloni di ufficiale.

Garibaldi a Teano consegna il Regno del Sud a Vittorio Emanuele Il e parte per il ritiro di Caprera. Per i volontari garibaldini la scelta è tra il ritorno a casa o l’arruolamento nell’esercito regolare.

Cipriani decide di rimanere retrocedendo da ufficiale a sergente, dopo che una patriottica amnistia aveva cancellato la condanna per diserzione. Il suo Reggimento comandato dal generale Mezzacapo parte per l’Abruzzo per combattere il brigantaggio, che per anni assumerà gli aspetti di una sanguinosa rivolta, con morti da ambedue le parti tanto numerose da superare il totale dei caduti nelle tre guerre d’Indipendenza.

I due anni trascorsi da Cipriani nel Mezzogiorno con italiani costretti ad uccidere senza gloria altri italiani senza speranza, sono decisivi per la sua maturazione politica.

L’unita nazionale doveva essere difesa ma non si poteva ignorare che il brigantaggio aveva in parte le sue radici nello scontento per le terribili condizioni di miseria dei poveri contadini.

Era lo spettro di profondi e antichi mali che costringeranno il giovane Amilcare a prendere coscienza dei difficili rapporti tra le diverse classi sociali, per gli eccessivi dislivelli socioeconomici che tra le stesse sussistevano.

L’appello di Garibaldi torna a risuonare irresistibile nel 1862 quando lasciata Caprera, sbarca ancora in Sicilia per lanciare l’appello di “Roma o Morte “. Al bosco delle Ficuzze vicino a Palermo si raccoglie un nucleo di volontari tra i quali è Cipriani ancora una volta costretto a disertare per non mancare alla chiamata.

Garibaldi è già sbarcato in Calabria quando il governo italiano, su sollecitazione di Napoleone, che mantiene a Roma un presidio francese, ordina all’esercito di sbarrargli la strada che porta alla Città Eterna.

Ad Aspromonte avviene lo scontro in cui Garibaldi, ferito ed indignato per quello che considerava un tradimento, ordina ai suoi volontari di non sparare contro i soldati italiani.

I volontari cercano scampo ma a Novara di Sicilia il gruppo di disertori di cui Cipriani fa parte, è catturato dalle truppe del maggiore Villalta. Dopo una farsa di processo sette di loro, con ancora indosso la rossa camicia garibaldina, sono messi al muro e fucilati. Cipriani riesce ad evadere fuggendo a Palermo dove, come clandestino, s’imbarca su una nave diretta In Grecia.

A sospingerlo verso Atene non era soltanto la necessità di fuga quanto la notizia dello scoppio di una rivolta popolare contro la monarchia assolutista dello straniero Re Ottone.

In questo suo accorrere in aiuto di chi lotta contro l’assolutismo ritroviamo tutto l’afflato garibaldino, che aveva reso famoso il suo idolo dopo le terribili battaglie nel lontano continente sudamericano.

Ad Atene si ritrova nel pieno della rivolta ed è subito in prima fila alla testa degli studenti che hanno innalzato barricate nelle strade, è dietro i cannoni conquistati che demoliscono il palazzo della Banca Rothschild è tra chi guida l’assalto finale al Palazzo Reale.

Il re germanico è costretto ad abdicare ma la spinta popolare non basta a contrastare l’ascesa al trono di un nuovo Re, questa volta inglese, con un governo espressione della borghesia conservatrice.

La rivolta nazionale non è seguita da quella sociale e i rivoluzionari, malvisti come una scomoda sono invitati a togliersi dai piedi.

Cipriani non può tornare in Italia e seguendo il suo spirito avventuroso, decide di andare a cercare fortuna in Egitto. Ad Alessandria d’Egitto aderisce alla Società di Mutuo Soccorsa, sorta con lo scopo di mantenere la solidarietà all’interno della comunità italiana e di alimentare lo spirito patriottico. Tutto questo anche allo scopo di organizzare gruppi di volontari per le future guerre di indipendenza che avrebbero consentito di riunificare all’Italia Roma e Venezia.

Quando arriva la notizia che l’Italia alleandosi con la Prussia di Bismark era scesa in campo contro l’Austria, i volontari italiani raccolti nella Legione Egizia di cui Cipriani era stato uno dei principali promotori, si trovano pronti a partire per unirsi a Garibaldi. Lui avrebbe dovuto essere il capo naturale ma qualcuno insinua che il suo proselitismo era diretto solo a soddisfare questa ambizione.

Cipriani taglia corto e coerente con la sua avversione per maneggi e compromessi, parte da solo per arruolarsi come semplice soldato nel 1° Battaglione di Cacciatori delle Alpi al comando di Garibaldi che ricordando la sua partecipazione alla sfortunata impresa di Aspromonte, lo accoglie braccia aperte.

Quando finalmente arriva la Legione Egizia tenta invano di convincerlo ad assumerne il comando ma Cipriani è irremovibile e da semplice soldato combatterà nei vittoriosi sconti a Monte Suello, a Lodrone, a Condino, a Castello, a Bezzecca, meritando una medaglia al valore che mai nessuno gli appunterà sul petto.

La terza guerra d’Indipendenza fu di poca gloria per le mal condotte forze armate regie, come testimoniano le sconfitte nella battaglia campale di Custoza e il terribile disastro navale a Lissa.

La faccia la salvarono Garibaldi e i suoi volontari che con pochi mezzi e tanto coraggio, sconfissero gli austriaci in un’assillante serie di piccoli scontri, penetrando profondamente nel Trentino.

La vittoria campale della Prussia a Sadowa costringe l’Austria all’armistizio e il trattato di pace sanziona la riunificazione del Veneto ma non di Trento e Trieste.

Per i volontari garibaldini arriva l’ordine di sgombero dal Trentino e Garibaldi con il celebre telegramma della sola parola “Obbedisco”, ordina la ritirata e lo scioglimento del suo corpo di volontari.

Cipriani che per l’Italia regia rimane sempre un disertore, riprende la via dell’Egitto ma vi rimane meno di un anno perché giungono le voci dell’insurrezione dei Greci a Creta, per liberarsi dalla dominazione turca. Nel’isola affluiscono volontari da tutta l’Europa e questi incontri diverranno importanti amicizie in vista della progressiva internazionalizzazione dei moti rivoluzionari.

I cretesi e i volontari impegnarono l’esercito turco in duri scontri ma la sproporzione di uomini e mezzi è troppo grande. A Sfakia la repressione della rivolta si conclude in un feroce bagno di sangue. Per Cipriani resta solo la via dell’amaro ritorno in Egitto per riprendere il lavoro di capo spedizioniere presso il Banco Dervieux.

Quest’ultimo soggiorno in Egitto risulterà sfortunato perché lo vede coinvolto in una rissa nella quale, per difendersi da un aggressore ubriaco, è costretto ferirlo mortalmente. Questo accidente lo pagherà duramente molti anni dopo. Essendo un disertore privo del passaporto non può usufruire della protezione diplomatica che spetta ai cittadini stranieri processati da tribunali egiziani e lo stesso console italiano gli consiglia di lasciare l’Egitto.

Imbarcatosi per l’1nghilterra nel settembre del 1867, arriva a Londra dove trova qualche conforto nell’esule mazzini, anche se deve constatare quanto le divergenze ideologiche e le incomprensioni con Garibaldi siano divenute insanabili.

La visione di Garibaldi che in nome dell’unità d’Italia aveva scelto di schierarsi con Vittorio Emanuele e Cavour, con l’appoggio di volta in volta della Francia, dell’Inghilterra e della Prussia, era risultata vincente. Al contrario le insurrezioni isolate mazziniane finivano per essere sempre represse dagli eserciti stranieri.

Il soggiorno londinese è altresì importante per gli incontri con Marx, Engels, Bakunin che diffondevano le nuove ideologie socialiste e rivoluzionarie. Cipriani in seguito, pure rimanendo un patriota sempre pronto ad accorrere al richiamo di altri popoli in lotta per la loro indipendenza, diverrà sempre più attento e sensibile alle questioni sociali e alle disuguaglianze tra le classi.

Il definitivo distacco da Mazzini avviene nel 1870 quando accorre a Parigi insorta per deporre dal trono Napoleone III e per rifiutare la capitolazione chiesta dalla Prussia, dopo le disastrose sconfitte subite dall’esercito francese.

Il nuovo governo repubblicano spera che i battaglioni di volontari della Guardia Nazionale affiancandosi a quel che resta dell’esercito regolare, possano compiere il miracolo di fermare la macchina da guerra prussiana.

Cipriani combatte nelle file del 19° battaglione in una serie di scontri sanguinosi che si concludono a Montretout, teatro dell’ultimo vano tentativo di sortita, dove si guadagna la proposta per il conferimento della Legione d’Onore. In una lettera al comandante della Guardia Nazionale, nel più puro spirito garibaldino dichiara – “non accetto la croce, i garibaldini non accettano simili onori se non quando piantano le tende sul campo nemico “.

Parigi ridotta alla fame capitola e i francesi sono chiamati alle urne per eleggere la nuova Assemblea Nazionale in cui conservatori, cattolici moderati e rurali risultano in schiacciante maggioranza. Parigi elegge plebiscitariamente i deputati simbolo della tradizione repubblicana tra cui Garibaldi che aveva partecipato all’ultima fase della guerra alla testa dei volontari garibaldini.

Quando l’eroe dei Due Mondi vuole prendere la parola all’Assemblea riunita a Bordeaux gli viene impedito al grido -“non vogliamo italiani”. Il generale abbandona la seduta salutato da Victor Hugo che, ricordando la vittoria garibaldina a Digione, lo acclama come – “l’unico generale francese che non fosse mai stato sconfitto nel corso della guerra.”

La nuova Assemblea ratifica il trattato di pace con la Prussia e dopo appena un mese il consiglio municipale di Parigi lo rifiuta, proclamando la Comune che si richiama a quella rivoluzionaria del 1792.

Era l’inizio della prima rivoluzione del moderno proletariato, destinata a lasciare una profonda cicatrice nella storia delle lotte sociali.

Il primo attacco dell’esercito regolare francese scatena la risposta comunarda con l’ordine alla Guardia Nazionale di marciare verso Versailles, sede del governo conservatore. Questa folla armata che avanza disordinatamente convinta che i soldati francesi non avrebbero sparato sui loro fratelli, appena si trova sotto il fuoco dell’artiglieria è presa dal panico e la rotta disordinata diviene inevitabile.

Cipriani che era stato tra gli ultimi a ritirarsi, è preso prigioniero, processato da una corte marziale e condannato a morte. Si trova già nel campo militare dove avvengono le esecuzioni, quando arriva l’ordine di sospenderle. Non era un atto di clemenza ma l’effetto di un decreto della Comune che ordinava l’esecuzione di un ostaggio imprigionato per ogni comunardo fucilato.

Condannato alla deportazione, dopo un terribile viaggio di tre mesi sulla nave dei dannati, è confinato nel bagno penale della lontana Nuova Caledonia.

Dopo nove interminabili anni la Francia promulga un’amnistia generale per i condannati comunardi che consente il ritorno in Francia di Cipriani, dove apprende che la moglie inglese è morta e che della piccola figlia si è persa ogni traccia.

Arrestato nel corso di dimostrazioni popolari indette per festeggiare il ritorno dei Comunardi, è espulso e sulle pagine dell’Intransigeant così è salutato – “durante l’assedio ha rischiato la vita in dieci combattimenti in difesa della Francia che non è la sua patria. La Francia, sempre generosa, lo ha ringraziato con dieci anni di deportazione.”

Rientrato in Italia è arrestato sotto l’accusa di omicidio volontario per la rissa in cui era stato coinvolto in Egitto dieci anni prima.

Il processo davanti alla Corte d’Assise di Ancona si conclude con una condanna a venticinque anni, con una sentenza chiaramente dettata dalla volontà politica di volere colpire il rivoluzionario.

Il processo diviene un fatto politico con un fronte innocentista in cui sono schierati socialisti e anarchici, con larghe adesioni di repubblicani e radicali.

Cipriani rimane rinchiuso per sette anni nel penitenziario di Portolongone durante i quali, per cinque volte, sarà invano eletto deputato in collegi romagnoli in quanto il governo si affretterà ad annullare l’elezione.

Nel 1888 arriva inaspettata quella grazia regia che lui si era sempre e ostinatamente rifiutato di richiedere e che viene concessa per consentire una visita meno tempestosa del Re Umberto I in Romagna.

Per alcuni anni Cipriani s’immerge nel mondo dei congressi dell’Internazionale Socialista, partecipando alle manifestazioni e alle lotte del proletariato dilaganti in Italia ed in Europa.

Il culmine è rappresentato dal grande comizio per la celebrazione a Roma del 1° Maggio 1891, a piazza di Santa Croce in Gerusalemme. Cipriani quando appare sul palco degli oratori è salutato da applausi entusiastici, seguiti dal silenzio generale quando prende la parola. Consapevole del pericolo di incidenti tenta di calmare alla folla, chiamando alla rivoluzione solo quando arriverà il momento opportuno. Non sarà sufficiente perché i più scalmanati si scagliano sui poliziotti del servizio d’ordine e un agente resta ucciso. Gli incidenti si estendono a tutto il quartiere fino a che deve intervenire la cavalleria per disperdere la folla infuriata. Sono imprigionati 230 anarchici tra i quali non poteva mancare Cipriani e dopo tre mesi inizia il primo dei processi politici di massa.

Per lui è emesso un verdetto di condanna a due anni e mezzo di carcere da scontare nel penitenziario di Perugia. Quando uscirà alla fine del 1893, avrà raggiunto a cinquant’anni il poco invidiabile primato di diciannove anni trascorsi nelle galere e nei bagni penali italiani e francesi.

Costretto ad espatriare a Parigi, trova un modesto lavoro come redattore della “Petite République” giornale della sinistra repubblicana.

Conosce Emile Zola che lo ammira a tal punto da spingerlo ad ispirarsi a lui per il personaggio di un rivoluzionario nel suo romanzo “Paris”. E’ tratteggiato come la figura di “apostolo della libertà tra due prigioni, uscendo da un esilio per ritornare ad un altro.”

Nel marzo del 1897 arriva la notizia dell’ennesima rivolta di Creta per liberarsi dalla dominazione turca, con l’appoggio indiretto di Atene che arma bande armate bande di volontari pronte per sconfinare in Macedonia, altra terra considerata irredenta.

Lo scopo è di provocare una rivolta popolare in quella regione che induca la Turchia a divenire aggressore, dichiarando guerra alla Grecia.

Cipriani parte per Atene dove apprende che è impossibile raggiungere Creta per il blocco navale Turco. Alla fine decide di mettersi a capo di un gruppo di volontari italiani, già arrivati, che nel filone garibaldino costituiranno la Legione Cipriani.

Dopo molte peripezie, la legione raggiunge il confine e immediatamente s’incontrano amare sorprese. I volontari italiani sono quasi tutti senza addestramento militare e restii ad accettare un minimo di disciplina militare. Gli insorti macedoni con i quali si uniscono, hanno un’idea della guerriglia più simile al brigantaggio e dall’altra parte sono schierati ottimi soldati albanesi che come mussulmani detestano i greci ortodossi.

A Crania lo scontro volge subito al peggio e le raffazzonate bande di guerriglieri si sbandano in una fuga precipitosa. La Turchia dichiara guerra alla Grecia e Cipriani partecipa alla sfortunata battaglia di Domokos con pochi dei suoi volontari rimasti a fianco dei volontari di Ricciotti Garibaldi, Nella tragica ritirata, rimasto in retroguardia è gravemente ferito ad una gamba e miracolosamente scampa alla morte.

Rientrato in Italia è ricoverato nel già celebre lstituto Ortopedico di Bologna dove riescono ad evitare l’amputazione ma quando esce è zoppo e tale rimarrà per tutto il resto della sua esistenza.

Ritornato a Parigi riprende l’attività giornalistica e si impegna sempre più nelle vicende politiche della Francia della quale, come combattente volontario nella guerra contro la Prussia, aveva ottenuto la cittadinanza.

Ma l’Italia non sarà mai dimenticata, come testimoniano i rapporti della polizia italiana che non lo perde di vista, timorosa per un suo ritorno clandestino in patria.

La sua antica amicizia con Alessandro Mussolini non verrà mai meno e al figlio, nato nel 1883, sono dati tre nomi: Benito in onore di Benito Juarez celebre rivoluzionario messicano, Amilcare in onore di Cipriani, Andrea per il socialista Andrea Costa.

Benito Mussolini divenuto direttore del socialista “Avanti” sarà, nel 1913, il promotore della candidatura socialista di Cipriani nel collegio di Milano per l’elezione alla Camera dei deputati.

Gli infiammati comizi e articoli del futuro Duce del fascismo saranno decisivi per la plebiscitaria vittoria di Cipriani, eletto con quasi il doppio dei voti del candidato liberalcostituzionale. Anche questa volta non entrerà in Parlamento per il suo insuperabile rifiuto a prestare giuramento al Re.

L’anno seguente ha inizio la carneficina della prima Grande Guerra Mondiale e Cipriani non esita a firmare l’appello in favore della guerra contro il militarismo degli imperi di Austria e Germania, considerati come nemici mortali del socialismo.

Quando Benito Mussolini diviene interventista, fonda “Il Popolo d’Italia” ed è espulso dal Partito Socialista, griderà forte di fronte all’assemblea tumultuante: · “ci divide una questione che turba le coscienze. Amilcare Cipriani non potrà più essere il vostro candidato perché è favorevole alla guerra; ha dichiarato che se non avesse 75 anni sarebbe sulle trincee per combattere il militarismo che vuole soffocare la nostra rivoluzione.”

Il 30 aprile del 1918 si spegne serenamente nell’ospedale di Dubois ed è sepolto nel cimitero monumentale di Père Lachais, accanto alle tombe dei Comunardi che in quel luogo erano caduti nell’ultima battaglia.

Amilcare Cipriani arrivava finalmente all’appuntamento con i compagni della sua più esaltante vicenda rivoluzionaria.

( dall’intervento di Guglielmo Natalini del 2/7/09 all’Assemblea dell’Associazione A. Cipriani )