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Dal Giornale delle Operazioni del Generale Vaillant:

<< Giornata del 30 giugno. >>
 
<< A giorno fatto, le nostre batterie dei bastioni 6 e 7 aprirono il fuoco contro le batterie romane piazzate a San Pietro in Montorio
. Sullo stesso obiettivo aprì il fuoco anche la nostra batteria della cortina, ma usando il solo pezzo di sinistra, perché gli altri tre pezzi erano fuori uso per i danni subiti dall'artiglieria romana.
La postazione nemica di San Pietro in Montorio aveva ancora qualche cannone valido, ma dopo alcune ore di fuoco i suoi tiri cessarono quasi completamente.
Le batterie dei bastioni continuarono i tiri per demolire le case tenute dal nemico; e i mortai da 15 centimetri lanciarono bombe su alcuni punti al coperto, dov'erano annidati dei fucilieri.
A sua volta la batteria 10 continuò i tiri contro il bastione 9 per ultimare la breccia, (1) ma impegnandovi solo tre pezzi; il quarto e il quinto pezzo continuarono il loro lavoro, l'uno battendo la Porta San Pancrazio, e l'altro la casa Savorelli. Infine, la nostra batteria n° 2 sparò un centinaio di cannonate contro la batteria romana di Sant'Alessio, che fu costretta a cambiare posizione più volte per sfuggire ai nostri colpi (2)
I tre plotoni di sapeurs in servizio al bastione 8 furono rilevati alle sei del mattino da altri tre plotoni. Per quanto riguarda i travailleurs della fanteria gli si diede il cambio un po' più tardi ; ma sul bastione, già troppo pieno di truppa, furono fatti salire solo 150 rimpiazzi, lasciandone altri 100 ai piedi della breccia.
 
Alle nove il tenente colonnello del genio Leblanc prese servizio alla trincea, avendo ai suoi ordini il capitano Ragon, i sapeurs e i travailleurs della fanteria.
Il fuoco contro le nostre trincee si mantenne nutrito ancora per qualche tempo. Particolarmente vivo il fuoco nemico contro la nostra trincea posta davanti alla batteria romana del muro Aureliano; tuttavia riuscimmo a portare a termine le traverse iniziate nella notte per assicurare la copertura al camminamento di comunicazione della trincea. (3)
 
Verso mezzogiorno, i difensori all'improvviso cessarono il fuoco.
Un loro parlamentare venne a chiedere una tregua per raccogliere i morti e i feriti disseminati sul campo di battaglia. La richiesta venne accolta dal generale comandante la trincea. Allora da parte loro e da parte nostra si iniziò quest'opera di pietà, guidandoci reciprocamente nelle ricerche, e spesso scambiandoci i corpi dei caduti. I feriti che ancora giacevano sul campo, francesi e romani, ricevettero le cure indistintamente dai sanitari dell'una o dell'altra parte, lì sullo stesso terreno degli scontri, ancora coperto dalle lance con la bandierina rossa della compagnia della guardia di Garibaldi, che durante l'assalto difendevano la batteria e lì erano in massima parte caduti. (4)
La scena destava commozione; ne furono testimoni il generale comandante in capo e gran parte dello Stato Maggiore dell'esercito francese.
 
L'assalto della notte precedente aveva destato vivissima emozione a Roma
Il nemico era colpito dalla tenacia dei nostri attacchi, e dalla forza mostrata dai nostri soldati negli scontri alla baionetta; era anche demoralizzato per le perdite subite e da subire, e d'altra parte sapeva ormai di non poter più contare sull'appoggio di una certa parte politica francese, che era stata annientata il 13 giugno (5) . In definitiva, il nemico sapeva di non avere alcuna possibilità di successo. Qualche passo ancora, ancora qualche minuto, e noi saremmo arrivati, per così dire senza trovare ostacoli non solo sul bastione 9, ma anche a San Pietro in Montorio, una posizione da cui la nostra artiglieria avrebbe potuto colpire qualunque punto della città. Una ulteriore resistenza era quindi impossibile, a meno che non ci si rassegnasse a veder distrutta gran parte della città.
Garibaldi, che era stato l'anima della difesa, non nascose al triumvirato la gravità della situazione e le conclusioni che se ne dovevano trarre.
Nel pomeriggio di quello stesso giorno, la piazza ci offrì la resa"
(Vaillant, op. cit., pag. 144 - 146)

traduzione a cura di JEANNE SABATINI

(1) Il bastione 9 venne poi occupato dai francesi nella notte tra il 2 e il 3 luglio (Vaillant, pag. 151) senza combattere, essendo cessata la resistenza. E' quindi inesatta la didascalia in francese alla TAV. 20
 
(2) La batteria romana di Sant'Alessio viene ripetutamente citata da Vaillant per la precisione dei suoi tiri e la sua capacità di sottrarsi ai tiri nemici. La batteria infatti per la sua posizione favorevole e per l'abilità degli artiglieri colpiva duramente lo schieramento francese di fianco e alle spalle; inoltre sfuggiva al fuoco di controbatteria francese spostandosi continuamente da una postazione all'altra sull'Aventino, e dopo ogni spostamento riprendeva a combattere.
(v.Vaillant, op. cit., pag. 157)
La batteria era comandata dal conte Luigi Salimei, tenente in seconda, che per i suoi meriti fu promosso dalla Repubblica tenente e poi capitano onorario. Di antica famiglia tradizionalmente devota al pontefice, e lui stesso lontano dall'ideale repubblicano, il Salimei combatteva a difesa della Repubblica non sopportando l'aggressione francese contro Roma.
(Notizie tratte dall'archivio Salimei gentilmente messe a disposizione dall'Avv. Carlo Salimei.)
 
(3) Le traverse erano sbarramenti interni alle trincee, perpendicolari alla direzione della trincea, che avevano lo scopo di proteggere la trincea dal tiro d'infilata
 
(4) Le lance erano in dotazione ai lancieri di Masina e alla Legione Italiana di Garibaldi.
 
(5) In Francia, il partito favorevole alla pace con la Repubblica Romana dopo aver inutilmente protestato in parlamento e sulla stampa, diede inizio a sommosse, prontamente e brutalmente soffocate dal regime autoritario di Luigi Napoleone Bonaparte : "Il Generale Changarnier fa attaccare i ridotti, arresta i deputati, e pone Parigi in stato d'assedio, mentre la milizia civile invade gli uffici dei giornali contrari all'azione liberticida della Francia in Italia, e distrugge ogni cosa. A Lione avvennero le stesse scene, gli stessi tumulti, con questo di più grave, che degli ammutinati fu fatta un'ecatombe." (G. Leti, op. cit., pag. 416)