Per saperne di più, La Batteria Aureliana

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“Vinta la prima resistenza, i Francesi si affollano contro la batteria della Montagnola, già assalita dai soldati di Laforet; tengono dietro a loro gli zappatori, che posta appena mano alla zappa balenano vedendo stramazzare glù trafitto da banda a banda il comandante degl’ingegneri Dufort; ma è breve sosta, ché subito surroga il caduto l’Ardaut.
Intanto alla Montagnola si viene a battaglia manesca, e fu uno accapigliarsi promiscuo, rabbioso, atroce; tutto servì di arme, ed anco i morsi ci adoperarono, ora questi con quelli romponsi, fuggono, respingono, urtansi, pestansi, ma i nostri sopraffatti cadono; cadono, ma dopo disperata difesa come gl’Italiani costumano, pei quali morta la speranza del vincere sopravvive quella del vendicarsi; gli artiglieri prima spararono, poi difesero, all’ultimo inchiodarono i cannoni, molti si avviticchiarono intorno ai medesimi come se fossero obietti di tenerezza; innanzi di porre la mano sur un cannone e’ fu mestieri, che fino all’ultimo artigliere ammazzassero.
Narrasi dal generale Torre di un artigliere, che difese il suo cannone con la sciabola, questa spezzataglisi in mano diede di piglio allo scopatore, e lo adoperò a mo’ di clava, glielo strapparono, ed egli allora combatté a pugni, e a morsi; trafitto da mirabile quantità di ferite lo trasportarono esanime allo spedale di Trinità dei Pellegrini.
La storia rammenta eziandio con onore immortale della Patria nostra e di loro i tenenti Cesare Scarinzi di Lugo, e Tiburzi e Casini entrambi romani; questi, messi in mezzo da una frotta di nemici, preferirono la morte alla resa; l’ottenne il primo lacero di diciassette ferite, e fu raccolto sul campo stringente il troncone della sciabola infranta; l’altro non la poté conseguire, ma in quale stato lo portarono allo spedale francese, lo dica per noi la Gazzetta Medicale di Parigi del 2 Gennaio 1850: <aveva il cranio spaccato da dodici sciabolate, la coscia lacera con dieci baionettate; il braccio rotto in due parti; difese il suo cannone come lione la preda, e non ristette di combattere prima che il braccio non rispondesse alla volontà.>”
( Guerrazzi, Lo Assedio …, cit., p. 878 – 879 )