Per saperne di più, Difesa di Roma, 29 giugno 1849

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La notte del 29 giugno, nel buio più fitto, sotto l’imperversare di una bufera, inizia l’ultima, sanguinosa battaglia per la difesa di Roma. I Francesi attaccano il bastione ottavo, scalando silenziosamente la breccia. Il diciottenne tenente dei Bersaglieri Lombardi Emilio Morosini, è di guardia sul bastione.
Morosini “stando alle vedette ode rumore sospettoso onde vie più si appressa ai cannoni della batteria; qui giunto invece di ordinare sparassero, tolto seco un manipolo di gente camminò oltre a speculare che fosse; pur troppo era il nemico salito sul bastione, e non da cotesto lato solo, bensì ancora dalla strada di comunicazione, donde ormai superata, prese a straziare i nostri; il giovane Morosini cadde colpito ad un punto di palla nel ventre, e da una baionettata nel petto; i nostri fecero mostra di non voler cedere, si venne alla prova delle armi e fu breve il conflitto dacché il nemico con forze tre e quattro volte superiori gli oppressero; però se breve non senza sangue, quaranta ci caddero morti, e centoventi prigioni, gli altri scamparono con la fuga la vita. Quattro bersaglieri lombardi non patirono lasciare abbandonato il prode giovanetto, ed acconciatolo come meglio potevano su due traverse correvano verso villa Spada giovandosi della confusione e del buio; imbatteronsi nei Francesi, che da lungi gridarono chi fossero; risposero: - prigionieri. – Non vollero crederci, e bramosi di strage li circondarono; i bersaglieri vinti dalla paura gittarono a terra il Morosini, tentando salvarsi; quanto a lui, ormai disperato della vita, si compiacque chiuderla con generoso fine, e assurto in piedi stretta la spada continuò a combattere, finché una seconda palla nel ventre lo stramazzò a terra da capo. (..) Morì il primo luglio dopo trenta ore di agonia..”
(Guerrazzi: Lo Assedio … cit., p. 879)


“Chiudo la narrazione della battaglia del ventinove giugno rammentando il caporale Perocco, del quale non poterono impadronirsi i Francesi se prima non lo ebbero sternato con ben ventitre colpi di baionetta; (..) Scacciani, Spiavanelli ed altri moltissimi perirono, ma prima si cacciarono sotto i nemici adagiandoci il capo come sopra un guanciale di riposo; un fanciulletto tamburo, visti morti gli uomini della compagnia, buttato da parte il tamburino, raccolse gli schioppi, e quelli sparò contro i nemici, finché percosso in fronte anch’egli li seguitava nella morte. (..)
Sorge il giorno del 30 giugno, ultimo della difesa; chi stava sul Gianicolo vedeva la grande cupola vaticana in qua , ed in là rischiarata dalle faci, che avevano resistito allo imperversare della bufera, e che ora andavano una dopo l’altra estinguendosi, immagine dolorosa degli sforzi durati per difendere Roma.”
(Guerrazzi: Lo Assedio … cit., p. 889