Per saperne di più, Entrata dei Francesi in Roma

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“In affacciarsi a Piazza del Popolo, i reggimenti francesi che s’attendevano forse alle acclamazioni ed alle feste del popolo ritornato a libertà, s’arrestarono stupefatti all’aspetto di quella città, sì minacciosa ancora nel suo silenzio. Fu dato ordine che si mettessero i cappellozzi sui fucili e, preceduti da forte vanguardia, al passo di carica entrarono 12 mila uomini”

(Dandolo: I Volontari ed i Bersaglieri Lombardi ... cit., p.226)


“Mandate innanzi pattuglie a speculare i luoghi, finalmente a capo dei suoi ufficiali entrava in Roma il generale Oudinot tutt’oro e penne, ch’era un visibilio a mirarlo; si aspettavano i Francesi accoglienze liete, dacché pochi (egli lo aveva detto) erano i facinorosi,che scombussolavano cielo e terra, i Romani veri, deliranti di ricuperare la delizia del governo pretesco, e furono stranamente delusi; urli, fischi, maledizioni a bocca di barile, con timore di peggio. Il generale Oudinot, giunto davanti al caffè delle Belle Arti, di un tratto mira una bandiera dei tre colori quivi appesa; parve gli agitassero davanti agli occhi il teschio di Medusa; poco dopo egli infuria e tempestando comanda ai cittadini quinci la rimovano; rispondono quelli con ingiurie e con onte, e in mezzo all’assordare dei sibili ricorrevano concitate le parole romane: <levatela voi, ché vi pare? Non semo i vostri servitori, i vostri servitori non semo.> Allora cotesto uomo grossiero vie più sbuffando si accosta col cavallo, ed afferrata con entrambe le mani la bandiera tira e tira fra le risa, e gli scherni della moltitudine; però la bandiera ottimamente assicurata non cede; solo si capovolge, ed egli, quasi fuor di sé dalla rabbia, raddoppia gli sforzi invano : il suo cavallo inquieto per lo insolito tramestio volta le groppe, la quale, e il cavaliere è costretto a consentire a quel moto senza però lasciare il lembo della bandiera : perché di un tratto egli apre le mani e l’abbandona? Perché allibisce egli, e come trasognato abbassa la faccia, e ripiglia tutto sbaldanzito il cammino? (..) io lo dirò con le parole stesse dell’amico Ripari: <I Francesi entrarono da porta Angelica, e per via del Colonnato, piazza Rusticucci, Borgonuovo, ponte S. Angiolo, via dell’Orso, piazza Nicosia, piazza Borghese, piazza S. Lorenzo in Lucina; sbucati sul Corso accennavano a piazza Colonna e a piazza di Spagna. La testa della colonna di occupazione non aveva anco passato Piazza Borghese, quando io entrai nel Corso da via Condotti, sempre vestito della mia cappa rossa, col cappello piumato, sciabola al fianco, insomma, Garibaldino netto; (..)divisai tornarmene sul Corso pigliando per largo della Impresa, e di via Lucina, la quale sbocca proprio dirimpetto al Caffè delle Belle Arti; (..) in tal modo giunsi nella breve strada, che taglia ad angolo retto il Corso, stando alla mia sinistra il Caffè delle Belle Arti. Qui ripiegate le braccia sul petto, fermo sulle gambe, e per la commozione interna certo nel sembiante sconvolto, mi posi a guardare lo sconcio arrabattarsi dell’Oudinot intorno alla bandiera del Caffè; quando il suo cavallo lo costrinse a voltarsi i suoi occhi s’incontrarono co’ miei; che mai ci leggesse non so, certo se avessi potuto lo avrei ucciso con gli occhi: fatto sta, che costui, lasciata la bandiera di mano, mogio mogio se ne andò per piazza Colonna>“

(Guerrazzi, Lo Assedio …, cit., p. 900 – 903)