Discorso di Massimo Pineschi 4 Ottobre 2009

Intervento Massimo Pineschi per cerimonia 139° anniversario Breccia di Porta Pia

139° Anniversario Breccia di Porta Pia

Intervento del Consigliere Segretario del Consiglio Regionale del Lazio Massimo Pineschi

Roma, 4 ottobre 2009

E’ per me motivo di particolare soddisfazione e orgoglio rappresentare il Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e l’intera Istituzione regionale in questa occasione, la celebrazione del 139° Anniversario della Breccia di Porta Pia.

Per la ragione che essa rappresentò un momento decisivo per la storia della nostra città e del nostro Paese, sancendo una tappa fondamentale del percorso risorgimentale che portò all’unificazione della nostra nazione sotto un unico Stato, uno Stato indipendente e laico.

Desidero, quindi, salutare e ringraziare di essere qui i rappresentanti delle Istituzioni e delle associazioni presenti, e soprattutto il Segretario Generale dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, Mario Rezzoagli, che con la sua presenza ricorda, a tutti noi, le gesta valorose di coloro che con il loro coraggio e il loro spirito di servizio resero possibile la celebre impresa del XX Settembre 1870.

Ricordare quei fatti, ricordare i caduti di quell’impresa e del Risorgimento italiano è importante per la nostra comunità nazionale, affinché possa procedere sempre più speditamente il percorso per pervenire ad una memoria collettiva condivisa.

Questa è la condizione per rendere più unito e coeso il Paese e per garantire alle giovani generazioni un futuro che non dimentichi il passato ma che dalle pagine più importanti della nostra storia tragga alimento per raggiungere nuovi traguardi di libertà e di unità nazionale. Oggi, fortunatamente, l’epoca di quei fatti ci sembra lontana, essendo i poteri della Repubblica Italiana e della Chiesa sanciti in maniera precisa e inequivocabile dalla Costituzione e dai Patti Lateranensi. I principi di indipendenza e di sovranità fissati nella Carta Costituzionale del ’48 hanno infatti garantito, allo Stato e alla Chiesa cattolica, rapporti di civiltà e di collaborazione, condotti sotto il segno della correttezza e dell’autonomia.

Purtroppo, però, oggi sono altri i rischi che insidiano l’unità nazionale, intesa nel suo pieno significato. Si tratta, ad esempio, degli eccessi verbali di rappresentanti di forze politiche nazionali che inneggiano provocatoriamente all’indipendenza e alla secessione di territori e regioni, al dileggio dei simboli dell’unità e alla superiorità di alcuni cittadini italiani rispetto ad altri.

Volendo credere che tali attacchi all’unità nazionale siano soltanto slogan elettorali, è importante in ogni sede ribadire, invece, l’importanza dei valori della solidarietà, della coesione e del rispetto tra i cittadini e tra i territori del nostro Paese.

Occorre riaffermare la cultura del federalismo solidale perché la riforma dell’ordinamento fiscale e, poi, amministrativo, possa rappresentare una possibilità in più per tutti i cittadini di elevare il loro benessere e la qualità della loro vita, senza lasciare indietro nessuno, razionalizzando le risorse e rendendo più efficienti gli strumenti e i processi di prelievo e redistribuzione delle risorse.

Detto ciò, rispetto all’indebolimento della coesione dello Stato, non possiamo tacere dell’azione nefasta delle mafie, soprattutto nel Sud del Paese.

Lo ha dimostrato, pochi giorni fa, il rapporto del Censis dal titolo “Il condizionamento delle mafie sull’economia, sulla società e sulle istituzioni del Mezzogiorno”, presentato in Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia.

Il quadro tracciato dal rapporto è molto negativo. Secondo il Censis, le mafie condizionano pesantemente la vita di una parte significativa della popolazione e ne limitano le possibilità di sviluppo economico e sociale. Ciò determina un divario socio-economico tra il Sud dove sono presenti le mafie e il resto del Paese che urta con il principio fondamentale della nostra Costituzione relativo al compito di rimozione da parte della Repubblica degli ostacoli che minano l’uguaglianza sostanziale dei cittadini.

Pertanto anche la cerimonia e il ricordo di oggi di chi perse la vita per l’unità d’Italia e aggiungo anche il ricordo di tutti quelli che hanno perso la vita per il nostro Paese, come i nostri soldati recentemente deceduti in Afghanistan, costituisce uno stimolo decisivo a combattere la criminalità organizzata e ad eliminare tutti gli altri ostacoli che impediscono al nostro Paese di realizzare pienamente la sua unità, che non può che basarsi su un’uguaglianza formale e, soprattutto, sostanziale dei suoi cittadini.

Perché la crescita della disuguaglianza tra le diverse componenti della popolazione favorisce la disgregazione sociale, creando un’Italia a due velocità fortemente incompatibile con un’Italia coesa e serena.

Nostro compito, quindi, è quello di perpetuare la memoria storica di pagine fondamentali del cammino dell’Italia verso l’indipendenza, la libertà e la democrazia, valori supremi che costituiscono un patrimonio ideale e politico da tutelare e promuovere con perseveranza e con impegno da parte di tutti i cittadini e di tutte le istituzioni.

Ed inoltre, ispirati allo stesso amor di patria che colmò i cuori dei nostri valorosi combattenti risorgimentali, è nostro dovere adoperarci affinché la nostra comunità nazionale possa progredire ancora sulla via dell’unità, della democrazia e della civiltà, per dare la possibilità ad ogni cittadino di sentirsi pienamente orgoglioso di essere italiano.

Viva l’Italia, viva i bersaglieri!